Guerrafondai di tutto il mondo unitevi e cambiate mestiere!

Guerrafondai di tutto il mondo unitevi e cambiate mestiere!

Perché l‘Ex OPG – Je So’ Pazzo sarà in piazza Vittorio il 21 giugno a Roma!
Disarmiamoli!

Il 4 marzo 2025 Ursula von der Leyen ha presentato alla Commissione Europea il piano “ReArm Europe”. Il piano, che prevede una spesa di 800 miliardi di euro, rappresenta in realtà l’ennesimo tentativo da parte delle borghesie di accaparrarsi fondi e risorse che dovrebbero invece essere destinati a ben altre urgenze sociali. Le industrie della guerra e i padroni del mondo – Leonardo, Rheinmetall, Dassault, Indra – altro non attendono che produrre morte e devastazione facendo ricorso a soldi pubblici, i nostri soldi pubblici.
Questo massiccio investimento nella difesa e nel riarmo non risponde ai bisogni concreti delle persone, ma serve solo a rafforzare gli interessi economici e politici delle élite dominanti, di un “Occidente” che vuole continuare a mantenere il proprio predominio mondiale, continuando a esportare guerra.
In Italia la sanità pubblica arranca, l’istruzione viene smantellata e l’accesso ai servizi essenziali è sempre più difficile: destinare 800 miliardi alla macchina bellica è quindi una scelta che va in direzione contraria rispetto ai bisogni delle classi popolari.

La becera propaganda portata avanti da politici, tanto nostrani quanto internazionali, punta a costruire un clima costante di minaccia e a creare sempre nuovi nemici esterni, alimentando un falso bisogno di sicurezza. Mentre a Gaza continua il genocidio e si continua a investire nel conflitto ucraino, mentre si inasprisce in medioriente la guerra globale con l’attacco israeliano all’Iran, mentre gli USA di Trump si fanno guida e portavoce dell’imperialismo targato NATO, la corsa al riarmo – che sia su scala europea o nazionale – altro non rappresenta che il tentativo di portare avanti la macchina della guerra occidentale. Non sarà la corsa agli armamenti a fermare la guerra.

La sicurezza di cui tanto ci parlano ha ben poco a che fare con quella di cui la maggior parte della popolazione avrebbe davvero bisogno: un lavoro stabile, una casa dignitosa, un accesso garantito alla sanità e all’istruzione.
Questo meccanismo serve solo a legittimare l’aumento delle spese militari e il rafforzamento del controllo sociale, a discapito dei diritti e delle libertà, come dimostra la stretta repressiva che vediamo in Italia, a partire dall’approvazione del cosiddetto decreto sicurezza.

Per anni ci siamo sentiti ripetere che “in tempi di crisi bisogna stringere la cinghia”. I tagli sono stati innumerevoli, soprattutto nei settori pubblici e nei servizi essenziali, e la crisi che stiamo vivendo oggi ne è la prova più tangibile.
Incredibilmente, se su altri settori è possibile sottrarre finanze, all’impresa della guerra NATO ci si inchina: dal 24 al 26 giugno ci sarà il vertice della NATO all’Aja e in quell’occasione i leader decideranno di quanto dovrà crescere la spesa militare dei membri dell’Alleanza. Dal 2% del PIL si intende passare a un 3%, 3,5%; Trump addirittura propone il 5%. La Nato impone, l’Italia obbedisce, come ha ammesso candidamente il ministro Crosetto in una recente intervista…
Così, come per magia – con un gioco di prestigio degno di un qualsiasi Mago Casanova – iniziano a comparire soldi di cui pensavamo di non poter disporre per migliorare le nostre vite.

Di fronte a questo scenario di guerra e militarizzazione, insieme a tutte le persone che attraversano i nostri spazi, ci siamo posti una domanda fondamentale: qual è il nostro ruolo, come attivisti, militanti, come persone che ogni giorno, dal basso, cercano di trasformare la realtà che ci circonda?
Da questo interrogativo è nata la spinta a “sporcarci le mani”, a confrontarci e discutere collettivamente su quali siano i reali bisogni delle classi popolari e su quali strumenti dobbiamo dotarci per difenderci. Ma soprattutto, non abbiamo potuto non aderire alla piattaforma del corteo del 21 giugno a Roma, a Piazza Vittorio. Saremo in quella piazza con tutte le nostre attività sociali: dall’ambulatorio popolare, al banco popolare alimentare, al doposcuola, con chi ogni giorno attraversa il nostro spazio per un supporto di qualsiasi tipo e ha deciso di unirsi in una lotta comune contro chi ogni giorno ci impedisce di vivere una vita degna.

Siamo convinti che solo un movimento dal basso – costruito dalle classi lavoratrici, dalle persone migranti, da chi ogni giorno tiene in piedi questo Paese – possa davvero incidere sulle dinamiche attuali e proporre un’alternativa radicale, in netta opposizione alla direzione intrapresa dalle istituzioni europee.

Sono state le mamme del doposcuola popolare a dirci come avrebbero voluto spendere i soldi destinati alla guerra: messa in sicurezza delle scuole, materiale scolastico, fondi per l’educazione sessuo-affettiva.
Chi ogni giorno distribuisce pacchi alimentari per un sostegno reale alle famiglie delle classi popolari, chi ogni giorno si sporca le mani attraverso le attività mutualistiche, chi porta avanti battaglie territoriali conosce bene quali sono i bisogni della maggior parte della popolazione.

Attualmente la spesa dello stato italiano per il comparto scuola è appena del 4% del PIL. La legge di bilancio 2024 ha ratificato un complessivo definanziamento della scuola pubblica; di fronte a tutto ciò il governo Meloni, il più filoatlantico mai avuto nonostante la retorica sovranista, si prepara a sperperare denari richiesti dalla Nato.

Se invece guardiamo il rischio di povertà o esclusione sociale sono oltre 93 milioni di individui in Europa che soffrono deprivazione alimentare, che non possono permettersi un tetto sulla testa e cure mediche essenziali. E sulle cure mediche, ci sarebbe un enorme altro capitolo da aprire, e i nostri medici dell’ambulatorio popolare lo sanno: la reale minaccia in questo paese è l’idea di una sanità pubblica inesistente, è sapere che mentre vengono aumentate i fondi destinati alla guerra gli ospedali vengono chiusi – tra il 2011 e il 2021 hanno chiuso ben 125 ospedalitra il 2010 e il 2019 sono stati tagliati complessivamente 37 miliardi di euro  al SNN!

In questo Paese la classe dirigente fa leva sulla precarietà di vita della maggior parte delle persone per allontanarla dalle scelte politiche: non è vero che c’è solo disinteresse, e le settimane che hanno preceduto questo corteo lo dimostrano. Abbiamo affrontato tante discussioni, chiesto a chiunque cosa ne pensasse della guerra, se fosse giusto spendere così i fondi pubblici, e la risposta è stata naturalmente contraria! Sappiamo di cosa abbiamo bisogno e sappiamo anche come prendercelo!

Che la politica parta dal basso, dalle strade e dai quartieri, dai luoghi in cui viene dato spazio e voce agli ultimi, quelli che per i nostri governanti contano zero.
Porteremo in piazza a Roma le nostre rivendicazioni, la nostra rabbia contro l’indifferenza di cui ci accusate, la nostra voglia di cambiare il mondo.

Ci saremo per ribadire il nostro NO alla folle corsa al riarmo, alla Nato e alla guerra globale che ogni giorno ammazza milioni di persone, distrugge territori ed ecosistemi e perseguita chi prova semplicemente a scappare dalle bombe e dalla fame, ai signori dell’industria bellica che si arricchiscono sulla nostra pelle, al governo Meloni e alle istituzioni europee che avallano politiche criminali.

 

Stop alla guerra

Stop alla Nato

Stop al GENOCIDIO!

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