La spesa dello stato italiano per il comparto scuola corrisponde appena al 4% del PIL, contro una media dei paesi OCSE del 4,9% ed una media europea del 4,6%.[1] Ciò si traduce, ancora una volta, in una manovra economica al ribasso, con la legge di bilancio del 2024 che ha ratificato un complessivo definanziamento della scuola pubblica, a vantaggio della privata, per la quale sono stati stanziati ulteriori 50 milioni in due anni.[2]
Difronte a tutto ciò, il governo Meloni si prepara ad aderire al piano di riarmo europeo, 800 miliardi per la guerra, in deroga al patto di stabilità, con la possibilità di attingere ai fondi di coesione europei. In sostanza, la borghesia europea scopre definitivamente il suo volto bellicista, sottraendo finanziamenti alla spesa sociale, per dirottarli verso un riarmo che fa gli interessi dell’industria bellica, dell’imperialismo della NATO e di chi supporta il genocidio perpetrato da Israele ai danni del popolo palestinese.
Nel frattempo, la scuola italiana, già connotata da una lunga lista di deficienze strutturali, rischia di essere travolta dall’ennesimo attacco portato ai suoi danni. Edifici fatiscenti, classi pollaio, personale docente e ATA insufficiente, sottopagato e precarizzato (per cui nel prossimo biennio è previsto un ulteriore taglio di circa 8 mila unità nel biennio 2025-26), linee guida che strizzano l’occhio al nazionalismo reazionario, crescente aziendalizzazione della scuola pubblica.
Davanti a questo panorama desolante, il Doposcuola Popolare dell’Ex-OPG “Je So’ Pazzo” si è proposto di avviare una discussione interna per re-immaginare la scuola pubblica italiana, ribadendo che i miliardi destinati alla guerra noi sapremmo bene come e dove spenderli.
Il percorso portato avanti con lǝ attivistǝ, con le mamme e con lǝ ragazzǝ che animano ogni settimana il nostro Doposcuola ha fatto emergere delle istanze chiare.
Abbiamo bisogno di rendere la scuola un luogo in cui si costruiscano le comunità del futuro, attraverso un’idea di sicurezza che non venga dalla giustizia punitiva, ma dalla consapevolezza:
- Vogliamo l’inserimento nei curricula scolastici di percorsi di educazione alle emozioni, alla sessualità e al consenso
- Vogliamo che, in maniera graduale, accompagnino lǝ studentǝ dalla scuola primaria fino al termine del ciclo di scuola secondaria, costruendo tramite l’educazione un’alternativa alla società patriarcale.
- Vogliamo che all’interno di ogni scuola siano presenti degli sportelli, animati da figure professionali nei campi della psicologia e della pedagogia, che fungano non solo come sportelli di ascolto, ma come agenti di mediazione col corpo docente, facilitatori e garanti dell’inclusività. Figure che non solo possano accogliere le segnalazioni circa dinamiche di violenza di genere, bullismo, discriminazione razziale o altre forme di abuso, ma anche portare avanti percorsi di sensibilizzazione a vantaggio delle famiglie, che vengano incontro a potenziali alunnǝ BES, con una necessaria sinergia con il Sistema Sanitario Nazionale.
- Vogliamo, soprattutto, che programmi di questo tipo non passino per la discrezionalità delle scelte di dirigenti scolastici, che ad oggi favoriscono una scuola a due velocità, ma che superino il dannoso principio dell’autonomia scolastica.
Proponiamo inoltre una scuola che crei spazi di riferimento fuori dall’orario curricolare, o che, meglio ancora, integri nei propri programmi una più ampia e strutturata offerta di attività ricreative e laboratoriali, siano esse attinenti alle arti figurative, allo sport, ad attività creative, ma fermamente slegate dalle logiche del profitto e dall’inserimento tentacolare dei privati nella scuola pubblica.
Vogliamo una riforma del percorso di reclutamento del personale docente, con l’abolizione dei 60cfu e l’abbattimento delle barriere di classe e censo attualmente presenti e la reintroduzione di un tirocinio abilitante, accanto ad una formazione funzionale alla didattica e non al profitto (in questo caso, delle università, a loro volta sotto finanziate). Necessaria, più in generale, una maggiore certezza nei percorsi di reclutamento, oltre che il riassorbimento delle decine di migliaia di docenti e personale ATA precari. 180 milioni, poco più del costo di un caccia F-35, basterebbero per stabilizzare le centinaia di migliaia di precari della scuola italiana.[3]
Vogliamo una scuola in grado di livellare le barriere di classe e di provenienza, ed è per questo che riteniamo necessarie ulteriori due misure: la completa gratuità dei materiali scolastici e l’obbligatorietà per tutte le scuole di attivare i corsi di L2, per l’apprendimento della lingua italiana da parte dellǝ alunnǝ stranierǝ.
[1] OCSE, Education at a Glance 2024.
[2] S. Iucci, Scuola, più soldi solo alle private, in Collettiva, 11 febbraio 2025.
[3] Studio UIL Scuola RUA 2022.