Non Sulla Nostra Pelle | Prospettiva del Movimento Migranti e Rifugiati Napoli rispetto alla spesa bellica e alle migrazioni

Non Sulla Nostra Pelle | Prospettiva del Movimento Migranti e Rifugiati Napoli rispetto alla spesa bellica e alle migrazioni

Premessa
Il Piano Readiness 2030, rilanciato dall’UE sotto influenza statunitense, è preparazione a un futuro di guerra e miseria economica e sociale.
La spinta militarista vista negli ultimi mesi è già in corso da decenni per l’Europa e con il libro bianco trova ulteriore sistematizzazione e concretezza. Dagli anni ’90, l’UE ha risposto a ogni crisi con misure di austerità: tagli al welfare e alla salute pubblica, aumento delle
imposte e precarizzazione del lavoro. Queste politiche hanno colpito duramente le classi subalterne, aggravando disuguaglianze già profonde e le borghesie nazionali hanno sfruttato questo contesto per massimizzare i profitti, erodendo diritti e tutele specialmente
a danno delle donne, dei giovani e dei migranti.

Tutto ciò si inscrive nel discorso e nelle prassi del capitalismo globale, in cui l’UE agisce da alleata subordinata degli interessi imperialisti degli Stati Uniti, oggi in difficoltà nel mantenere la propria egemonia in Europa e in Medio Oriente.
La guerra – in Ucraina, in Palestina, ma anche come dispositivo interno di controllo sociale – diventa per l’UE una strategia di rilancio dell’accumulazione capitalistica. Il Piano Readiness è di fatto rafforzamento di una cultura politica autoritaria e razzista.

 

Riarmo e migrazioni

In questo contesto, le migrazioni non sono fenomeni esterni, ma parte integrante dell’economia e della società capitalista. Le guerre, la devastazione ecologica e le diseguaglianze economiche – generate dal sistema neoliberale stesso – spingono infatti milioni di persone a migrare.
Al contempo, la creazione di una narrazione appiattita, polarizzata e razzista dei migranti si inserisce in una più ampia strategia di degradazione dei legami e del senso sociale e di giustificazione delle crisi attraverso la produzione artificiale di un nemico.
L’immaginario rispetto ai migranti è infatti plasmato attorno a due narrazioni: una criminalizzante, discriminatoria e securitaria che propone un’idea di migranti come corpi da sorvegliare, controllare e reprimere; l’altra umanitaria, che li delegittima e li dipinge come vittime passive, incapaci di autodeterminarsi, ne silenzia le rivendicazioni e i desideri. La retorica della “sicurezza” in particolare giustifica misure repressive e costi su più fronti sia interni sia esterni. All’esterno lo vediamo attraverso gli interventi militari volti a creare instabilità politica, come in Afghanistan, Siria, Sudan, Yemen, che spingono la popolazione civile a scappare; o presso le frontiere (es. Balcani, Libia), segnate da violenze sistemiche, respingimenti illegali, morti e torture, pattugliate dal Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che appena nel 2023 ha previsto un piano di investimenti di 600 milioni di euro in tecnologie di sorveglianza, infrastrutture per le deportazioni, software e database interoperabili per la gestione dei dati, presidio dei confini e ricerca e sviluppo nei suddetti ambiti.
Lo vediamo attraverso il protocollo Italia-Albania, un piano di deportazione e detenzione da 653 milioni di euro in cinque anni. All’interno, invece, lo tocchiamo con mano con la sorveglianza capillare dei quartieri popolari, la profilazione razziale, le detenzioni coatte nei CPR.
Questi elementi, che generano differenze nelle popolazioni attraverso le categorie di razza, condizione sociale, e accesso ai diritti, modulano (al ribasso) il valore della forza-lavoro di chi proviene da “fuori”, creando un esercito industriale di riserva, mobile e internazionale.
Esercito che gode di meno diritti, poiché parte degli individui di questa classe sono giuridicamente considerati “illegali”, “irregolari” e proprio il concetto di illegalità consente lo sfruttamento su cui molti mercati si sostengono (agricoltura, logistica, ristorazione, fast fashion ad esempio). Il vero nemico, un sistema economico e politico che impoverisce le classi e le mette le une contro le altre, è prontamente occultato.

 

Come immaginiamo l’utilizzo di questo debito

Come Movimento Migranti e Rifugiati di Napoli riteniamo che la strada per ricostruire legami di solidarietà tra sfruttati, a prescindere dalla loro provenienza e condizione, sia rifiutare e combattere con decisione la logica neocoloniale e la guerra. Dietro le migrazioni forzate non c’è emergenzialità, non c’è fatalità, ma scelte politiche ed economiche precise. Un mondo con più guerre, un mondo con più armi, è un mondo che produrrà sempre più immigrazione e ci sono coalizioni di paesi che stanno permettendo tutto ciò e che non stanno dando soluzioni alternative. Dobbiamo ripensare la giustizia a livello globale, non solo a Napoli, non solo in Italia, non solo in Europa. Perché un mondo più sicuro, un mondo più equo è un mondo senza guerre ed è un mondo con una ridistribuzione della ricchezza, è un mondo senza colonialismo.
All’aumento della spesa militare globale, che ha superato i 2.400 miliardi di dollari annui (SIPRI, 2024) e nazionale (l’Italia spende oggi oltre 30 miliardi di euro all’anno in difesa), noi rispondiamo:

  • Vogliamo la riforma e il potenziamento dell’ispettorato del lavoro e contrasto del caporalato;
  • Vogliamo l’abbattimento delle discriminazioni salariali e di tutela tra personale di origine straniera e personale italiano;
  • Vogliamo sicurezza sul lavoro, formazione sui diritti e un contrasto reale alla segregazione lavorativa con percorsi di formazione professionale e riconoscimento delle qualifiche ottenute nel paese d’origine;
  • Vogliamo un’accoglienza diffusa e pubblica, gestita dallo stato e non da mani private e il superamento della differenza tra prima e seconda accoglienza; vogliamo sostegni alle regioni e alle municipalità per contrastare la ghettizzazione dei migranti e la discriminazione abitativa;
  • Vogliamo sostegni alle famiglie e ai soggetti fragili per affrontare l’affitto o l’acquisto di una casa;
  • Vogliamo l’abolizione del decreto flussi e il superamento della Bossi-Fini, produttrici di truffe, invisibilità e sfruttamento; vogliamo maggiore presenza di mediatori linguistici e culturali nei comuni, nelle questure e nelle prefetture;
  • Vogliamo il potenziamento dei centri antiviolenza (Cav) e antitratta; vogliamo garanzia di accesso alle cure e alla salute riproduttiva, all’IVG e alla maternità senza discriminazioni e svincolato dallo status giuridico;
  • Vogliamo piani di contrasto della violenza per motivi di genere e/o orientamento sessuale;
  • Vogliamo l’ampliamento dei posti per la scuola dell’infanzia (0-6 anni) e creazione di servizi pubblici di guarderia e cura accessibili per tutt*;
  • Vogliamo la costruzione di spazi di autodeterminazione, rappresentanza politica e lotta collettiva, che mettano al centro le esperienze delle donne migranti e delle persone LGBTQIA+ migranti;
  • Vogliamo i CPR aboliti per sempre; vogliamo il permesso di soggiorno e una vita dignitosa e piena per tutte e tutti.

Le stesse persone che chiamano disperati o criminali o morti di fame o sfollati sono le stesse persone che stanno già costruendo questo paese da anni, che lo stanno già trasformando, che lo stanno già arricchendo e proiettando verso il futuro.

Continuiamo a lottare insieme!

 

Fonti
Le contraddizioni della migrazione globale (2018)
Il fallimento del sistema CPR (2024)
Il sistema di accoglienza dei migranti è tutt’altro che al collasso (2023)
Tutti i costi e i dubbi dell’accoglienza dei migranti in Albania (2024)
Statewatch (2023)
Ma quale identità! Sull’invenzione storico culturale dell’occidente (2025)
Dal welfare al warfare: il keynesismo militare (2025)

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