La morte di Alhagie Konte, giovane gambiano di 27 anni, detenuto nel carcere di Poggioreale e deceduto pochi giorni fa all’ospedale Cotugno per una tubercolosi in stato avanzato, non può passare sotto silenzio.
Secondo le prime ricostruzioni, nelle settimane precedenti al decesso Alhagie avrebbe manifestato sintomi evidenti — forti dolori, tosse persistente e un evidente stato di debilitazione — senza ricevere un’assistenza sanitaria tempestiva. Solo dopo l’intervento dei compagni di cella sarebbe stato portato nella medicheria del carcere di Poggioreale e successivamente trasferito in ospedale, quando ormai le sue condizioni erano disperate.
La Procura della Repubblica di Napoli ha aperto un’inchiesta, disponendo il sequestro delle cartelle cliniche e della salma per accertare eventuali responsabilità e omissioni da parte dell’amministrazione penitenziaria e del sistema sanitario.
Parallelamente, i senatori Ilaria Cucchi e Peppe De Cristofaro hanno presentato un’interrogazione parlamentare ai ministri Schillaci e Nordio, chiedendo chiarezza sulle condizioni di detenzione e sulle cause che hanno portato alla morte di Alhagie. Veniamo a conoscenza, dal comunicato del garante dei detenuti Ciambriello, che oggi a Poggioreale è morto anche un’altro uomo italiano, per cause ancora da definire
“Come è possibile morire di tubercolosi in carcere, nel 2025, nelle mani dello Stato? Come si può tollerare che a Poggioreale circoli la tubercolosi? Come è possibile che chi doveva occuparsi della sua salute e di quella di tutti i detenuti taccia? Perchè siamo venuti a sapere della sua morte dopo giorni e non per comunicazione dell’autorità giudiziaria?”,
dichiara il Movimento Rifugiati e Migranti di Napoli, di cui Alhagie faceva parte.
La vicenda di Alhagie non è un caso isolato. In pochi mesi, altri detenuti e migranti sono morti in condizioni simili: Mamadou Sylla nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, Moussa Diarra ucciso dalla Polfer a Verona, Ousmane Sylla suicidatosi nel CPR di Ponte Galeria.
Queste morti compongono un quadro inquietante di abbandono, violenza istituzionale e razzismo sistemico.
“Abbiamo conosciuto Alhagie nel 2018 durante il nostro Controllo Popolare nei Centri di Accoglienza Straordinaria.
Con lui abbiamo condiviso anni di lotta, di amicizia e di comunità, iniziando percorsi importanti come quelli di formazione per la terza media.
Era un compagno allegro, una persona generosa.
Era un nostro compagno.
La sua morte è un dolore profondo. Siamo scossi dalla sua assenza, ma continueremo a lottare per chiedere verità e giustizia per Alhagie Konte, trasparenza sulle responsabilità sanitarie e amministrative, e un’azione immediata per garantire che non succeda mai più. Se nominalmente la pena di morte in Italia non esiste, noi sappiamo bene che di carcere e di Stato si muore. Specie se sei solo, specie se sei povero, specie se sei straniero.”
La comunità del Movimento ha avviato una raccolta fondi per il rimpatrio della salma e per sostenere la famiglia di Alhagie in Gambia.
È possibile contribuire al seguente link: https://sostieni.link/39208
Qui l’approfondimento di FanPage: https://www.fanpage.it/napoli/alhagie-konate-morto-di-tubercolosi-entrato-nel-carcere-di-poggioreale-in-buona-salute-ne-e-uscito-in-fin-di-vita/
Verità e giustizia per Alhagie.
Perché se smettiamo di parlarne, Alhagie muore due volte