Di Djarah Kan
Molti di voi si chiedono che male ci sia a dare del nero a uno che effettivamente è nero.
Pierre Webo è certamente nero, ma ieri, durante quella partita di calcio, l'uomo che in questa foto veniva portato via dal campo prima dell'irreparabile, era e continua ad essere il vice-allenatore del club turco.
Non una persona nera e basta, ma un professionista. Punto e basta.
In un mondo ideale dovrebbe essere lui a decidere quando e come dare un peso alla sua pelle o alle sue origini. Ma nella società razzista in cui viviamo, se sei nero non hai il controllo su un caxxo di niente. Puoi essere un nero, un vice-allenatore, un immigrato, un cioccolatino, uno scimmione, un clandestino quando meno te l'aspetti.
Tu sei lì a fare il tuo lavoro, e chiunque può cancellare quello hai scelto di essere, ovvero un allenatore, con una singola semplice parola. Tanto quello è un nero e basta. Non è un uomo, non è un lavoratore, un sognatore, uno che si è fatto il cu*lo e che ha lottato per stare su quel campo. E' solo un nero, "the black guy". E oltre il nero la Terra è Piatta, il Mondo finisce, non c'è più nulla da fare o da dire ma solo tamburi e gente che mangia con le mani davanti a un enorme albero di BAOBAB.
Il quarto uomo che ieri ha detto “The black one over there. Go and check who he is. The black one over there, it’s not possible to act like that" sapeva benissimo chi fosse Pierre Webo. Al di là delle raffinate disquisizioni sull'assonanza tra negru e neg*ro dove secondo molti c'è stato un malinteso, Sebastian Coltescu su quel campo era un collega di Webo. Lavorano nello stesso campo e se il suo mestiere è quello di controllare e di riportare tutto quello che avviene di scorretto sul campo, allora ha anche l'obbligo di SAPERE chi si trova davanti.
Ma a quanto pare, l'unica cosa di cui è veramente a conoscenza Coltescu sono le modalità con le quali si può umiliare un uomo nero.
Gli togli il suo mestiere da dosso, cancelli il suo nome e lo lasci nudo, col solo stigma della pelle addosso.
A voi che fate i finti rimbambiti esperti di semantica dico una cosa sola. Se almeno una volta nella vita vi siete sentiti giudicati a un colloquio o sul posto di lavoro per il vostro accento, per la poca avvenenza, o per gli abiti troppo poco costosi o fuori moda, fermatevi a pensare quanto schifo può fare, vivere sapendo che un accento si cambia, e dei vestiti anche, ma non la pelle, né la mentalità retrograda di chi dietro quella pelle vede solo foreste, scimmie, banane e inciviltà.
Perchè quando dici ragazzo nero, oltrepassando il nome, la professionalità, la maglia, il rapporto di lavoro, l'umanità e il campo da gioco, non stai mai dicendo soltanto "nero"
Stai raccontando qualcosa. E lo sai bene che quel "ragazzo nero" saprà a cosa ti riferisci