Oh ma che è sta depressione?
Io ricordo che tornai dal G8 di Genova incazzato nero, ma per nulla abbattuto.
E ricordo che non ero il solo.
Ricordo che ci sentivamo combattenti, non reduci.
Anche un po' eroici, portavamo con vanto le cicatrici.
Ricordo i cortei per Carlo in tutte le città nei giorni successivi, ricordo che non finì nulla ma che per due anni continuammo a farci sentire con numeri enormi, con incontri, dibattiti, vita... Ricordo ragazzi da sempre "apolitici" che si aggregarono alla lotta proprio perché Genova, proprio perché Carlo.
Certo, Genova fu un evento duro, soprattutto per chi ci restò davvero sotto, magari a Bolzaneto. Quelli per me possono dire tutto, non immagino il trauma e l'orrore. Ma gli altri duecentomila? Giusto ricordare anche le mazzate, il dispiacere, le gambe tagliate. Ma è tutto qui? E' solo un "c'hanno menato"?
Quello che trovo un po' ingiusto è appiattire sull'oggi, su questo senso di sconfitta che troppi 35-50enni hanno - e sarebbe il caso che smettessero subito di avere, viste le lotte che ci attendono e visto l'insegnamento che c'è da passare ai giovani di 15 anni ché già di timidezze e paure ne hanno fin troppe -, un passato che era più ricco.
Un'immagine del corteo di Genova del 20 Luglio 2001
E poi anche le mazzate sono formative. A me quelle di Napoli a marzo e di Genova a luglio mi hanno insegnato che, quando arrivi a sfidarlo a un certo livello, lo Stato tira fuori la sua vera natura. Che è quella di essere violenza in difesa delle classi dominanti e della proprietà privata.
Mi hanno insegnato che ci vuole Organizzazione, radicamento sociale, anche disciplina. Che il movimentismo, il giocare con i media, la ricerca dell'opinione, possono andare bene in un momento, ma poi la politica è fondamentalmente guerra con altri mezzi.
E soprattutto che a Genova eravamo in tanti sì, e il movimento no global era una grande casa, ma in quella casa mancava ancora un pezzo decisivo, ovvero la partecipazione attiva delle classi popolari, quelle brutte sporche e cattive.
In questo senso Genova è ancora una sfida viva. Genova è ancora da fare.
Che volete? La vita è una fottuta lotta dall'inizio alla fine, più spesso si prendono ma a volte si danno, in ogni caso l'importante è imparare da sconfitte e successi.
Un'immagine del coreto di Genova del 20 Luglio 2019
Io tornai da Genova incazzato, ma anche innamorato della mia parte, di sorelle e fratelli che alle cariche degli infami armati di tutto punto avevano risposto con coraggio. Ragazzi di venti anni che avevano fatto correre i celerini con quattro sassi, due mazze e tanta determinazione.
Per le strade di Genova non ho capito solo quanto siamo disorganizzati - ed è male -, ma anche quanto possiamo essere potenti. E non l'ho capito nell'esaltazione del Carlini, ma nei lacrimogeni di Via Tolemaide.
Tornai da Genova incazzato, ma anche molto orgoglioso di appartenere a quel pezzo di mondo che aveva ragione, che era il futuro, che è il futuro, e che alla fine, nonostante tutte le mazzate, i prigionieri e i morti che possiamo lasciare sul terreno, vincerà.
Perché - so che hanno fatto di tutto per convincervi del contrario, d'altronde è il loro mestiere - noi vinceremo. Non ci sarà un pianeta terra con la razza umana, se questa razza non si organizzerà in modo socialista.
Non lo dobbiamo solo ai nostri figli, che manco conosciamo. Lo dobbiamo a chi abbiamo conosciuto, ed è morto, come Carlo, non per farci piangere addosso, ma per farci vivere meglio.
Vinceremo, e ricorderemo Genova come merita, come una tappa verso questa vittoria.
(foto dell'arrivo a Genova per dimostrare che non dico queste cose perché ero un cattivissimo black bloc ma un ragazzino magro e timido a cui semplicemente non sono riusciti a fare cambiare idea né allora né in questi anni)