Cronache da un mondo sotterraneo. È questo che ci viene da pensare ogni volta che apriamo lo sportello migranti. I casi sono tanti e tanto ci sarebbe da dire. Sicuramente questi primi mesi sono stati intensi; diversi risultati li abbiamo ottenuti e stiamo seguendo molte situazioni delicate. Situazioni che, senza quelle persone che mettono testa e cuore a disposizione dello sportello, sarebbero certamente finite in mano a qualche agenzia privata.
Però abbiamo toccato anche situazioni difficili, che ci chiamano a battaglie lunghe. Un uomo, per esempio, che ha gravissimi problemi di salute, difficilmente avrà un permesso di soggiorno per protezione umanitaria. La questura di Napoli, infatti, ha deciso di non concedere più questo tipo di permessi... può farlo? Sì, tecnicamente, può farlo, perché questi permessi sono di fatto “discrezionali” (!!!).
Una donna, incinta, ha perso tutto. La casa è andata a fuoco, e con la casa sono bruciati anche i suoi documenti. Il 7 dicembre probabilmente partorirà. Deve rifare tutti i documenti e tutte le pratiche. TUTTE, e non trova altro che ostacoli, a cominciare dal menefreghismo del consolato del suo paese. Dalla Questura abbiamo avuto spesso informazioni sbagliate e tra un rallentamento e l'altro, lei riuscirà ad avere il permesso di soggiorno per gravidanza solo fra un mese (quando avrà ormai partorito e potrà usufruirne solo per cinque mesi, invece che per i quattordici previsti dalla legge...). Intanto stiamo mettendo in campo le nostre risorse. Lei ha bisogno di tutto: vestiti, latte in polvere, pannolini, medicine. Stiamo provando a raccogliere tutto ciò che possiamo per renderle la situazione il meno difficile possibile.
Queste sono solo alcune delle storie che ci capita di sentire ogni giovedì e che ci capita di seguire per tutto il resto della settimana. Risolverle non è facile, e abbiamo bisogno di utilizzare tutti gli strumenti necessari per conoscere le regole e cambiarle con il nostro lavoro sui territori.
Vogliamo decine, centinaia, di sportelli come il nostro sul territorio cittadino, vogliamo avere accesso diretto alle informazioni della questura, e vogliamo che i poliziotti non si sentano più così sicuri di avere di fronte persone senza diritti, le cui esigenze possono essere messe in fondo alla lista delle “cose da fare”. È importante farci sentire, marcare la nostra presenza, chiedere più servizi per arginare la prepotenza di chi è complice e ingranaggio di un sistema razzista che genera solo esclusione.
Tutto quello che vogliamo, infondo, è far uscire alla luce chi è costretto dalle nostre leggi a rimanere nel sottosuolo della clandestinità.